Studio di Psicologia Clinica e Giuridica

I disturbi d'ansia nell'infanzia e nell'adolescenza: come riconoscerli e come gestirli. Dott.ssa Margherita Ci

2013-07-23 16:47

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I disturbi d'ansia nell'infanzia e nell'adolescenza: come riconoscerli e come gestirli. Dott.ssa Margherita Ciciarelli

 

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Negli anni '70 era opinione comune e piuttosto diffusa che ansie e paure infantili fossero una condizione passeggera del bambino o un disturbo reattivo. Oggi, grazie alle recenti pubblicazioni, le conoscenze su questo tipo di problematiche sono state decisamente ampliate, arrivando ad un'identificazione di diverse e precise forme di disturbi che vengono catalogati sotto la voce disturbi d'ansia. Per il DSM-IV (il Manuale Americano Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali), vera bibbia della psichiatria, è solo uno il disturbo d'ansia che può manifestarsi nell'età evolutiva. Si tratta del disturbo d'ansia di separazione. Il principale sintomo che caratterizza tale disturbo, permettendo di diagnosticarlo, è un'ansia sproporzionata del bambino che lo coglie in tutte le situazioni in cui deve separarsi, anche per un breve lasso temporale, da un membro del suo nucleo familiare a cui è particolarmente legato, di norma la figura materna. Tale problematica tende ad emergere nei primi sei anni di vita del bambino. Chi è affetto da questo disturbo ha di solito un comportamento normale quando si trova in presenza dei genitori (o della loro primaria figura di attaccamento), per poi sprofondare nel panico più totale al momento dell'allontanamento, seppur temporaneo, da essi. L'ansia generata dalla separazione si esprime attraverso delle paure irrealistiche, come il timore di eventi catastrofici (malattie, incidenti stradali, ecc.) che possano allontanarli per sempre dai propri cari. Per il DSM-IV-TR (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mantali), quello d'ansia di separazione non è l'unico disturbo caratteristico dell'età evolutiva. Ad esso se ne aggiungono altri due: il disturbo d'ansia generalizzato e la fobia sociale. Il disturbo d'ansia generalizzato per il DSM-IV-TR è identificabile attraverso la seguente sintomatologia: irrequietezza, alterazioni del sonno, difficoltà di concentrazione, facile affaticamento. La fobia sociale, invece, nei bambini si manifesta attraverso il pianto e soprattutto attraverso l'incapacità di stabilire rapporti con i loro coetanei. I bambini che soffrono di fobia sociale, infatti, riescono ad interagire solo con gli adulti, preferibilmente se loro familiari, mentre non sono in grado di esprimersi con tranquillità con altri bambini. Tuttavia, la classificazione fornita dall'DSM-IV-TR negli ultimi tempi non è accolta in Italia. Le strutture sanitarie pubbliche italiane ricorrono ad altre categorie diagnostiche, quelle riportate dall’ICD-10 ( il Manuale di Classificazione Internazionale dei Disturbi Mentali). Quest'ultimo manuale, edito nel 1992, inserisce i disturbi d'ansia nel più vasto ambito delle sindromi e dei disturbi della sfera emozionale. Esso riconosce come disturbi d'ansia tipici dell'età infantile: la sindrome d’ansia di separazione dell’infanzia, la sindrome fobica, la sindrome di ansia sociale nell’infanzia, il disturbo da rivalità tra fratelli, sindromi o disturbi emozionali di altro tipo, ed infine la sindrome ansiosa generalizzata dell’infanzia. Un punto importante, sul quale si è a lungo concentrata l'attenzione degli studiosi, è capire quanto ci sia in comune tra le manifestazioni d'ansia dei bambini e quelle degli adulti. Molti di questi disturbi che interessano i bambini, infatti, colpiscono anche gli adulti. Ma quanto sono simili? Fino a che punto ci sono delle analogie? Prendiamo ad esempio la fobia sociale. Essa può affliggere anche le persone adulte, manifestandosi con una sintomatologia affine a quella con cui si manifesta nei bambini. Ciò che emerge con evidenza è che per aspetti neurovegetativi, comportamentali e cognitivi, le manifestazioni d'ansia tipiche dell'età evolutiva non differiscono molto da quelle che si riscontrano nell'età adulta. Ma c'è di più. Un articolo pubblicato da Masi, Pfanner, Marcheschi nel 2001, mette in luce un legame tra le patologie che affliggono il bambino e quelle che affliggono l'adulto. Una traccia dei disturbi d'ansia della maturità va proprio ricercata nell'infanzia, da cui ha avuto origine. Inoltre, la psicopatologia dell’età evolutiva è utile ad indagare e comprendere sia la sofferenza psichica dell'età infantile ed adolescenziale che gran parte dei meccanismi alla base della psichiatria dell'età adulta. Quanto a dei dati relativi alla diffusione dei disturbi d'ansia nei bambini, quelli forniti da Costello e Tweed nel 1994 riportano un tasso di prevalenza attorno al 12%. Questa percentuale è maggiore per Shaffer, Fisher e Dulkan (1995) e Verhulst, Van der Ende (1997), secondo i quali il tasso di prevalenza dei disturbbi d'ansia infantili si attesta attorno al 20-25%. E' stato rilevato da Masi e Favilla che c'è un disturbo a prevalere sugli altri durante l'infanzia. Questo disturbo è quello d'ansia da separazione, che affligge un numero particolarmente cospicuo di bambini. Non bisogna però trascurare anche un altro dato: risulta altrettanto cospicuo il numero dei bambini che sviluppano una comorbilità o che associano più disturbi d'ansia. Allo stesso modo, è frequente che si verifichino delle associazioni tra i disturbi d'ansia ed i disturbi dell'umore, oppure tra i disturbi d'ansia e i disturbi da attenzione e iperattività. Ciò significa che i bambini colpiti dai disturbi d'ansia sono più soggetti rispetto agli altri anche ad avere altri problemi affini. In modo particolare, i dati rilevati da Masi e Favilla dimostrano che 1/3 dei piccoli ansiosi è esposto al rischio di sviluppare nel corso dell'adolescenza degli atteggiamente depressivi, mentre 2/3 dei bambini depressi fanno sfociare la loro depressione in un disturbo d'ansia. E' stato poi constatato che i bambini con disturbi d'ansia hanno un numero di probabilità piuttosto alto di divenire degli adulti con il medesimo tipo di disturbo. Rispetto ai bambini non affetti dai disturbi d'ansia, come rilevato da Newman, Moffit e Caspi (1996) e successivamente da Pine, Cohen e Gurley (1998), il rischio è di 34 volte maggiore. E' pertanto interessante comprendere il decorso di questo tipo di disturbi nel passaggio dall'età infantile a quella adolescenziale. Esistono dei fattori che incidono profondamente nel determinare lo sviluppo dei disturbi d'ansia ed il loro persistere nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Questi fattori sono: l'età d'esordio, la durata dei sintomi e l'associazioni ad altri tipi di disturbi ansiosi o depressivi. Nei bambini in cui l'età d'esordio è più bassa i disturbi d'ansia hanno delle conseguenze meno dannose, in quanto una diagnosi repentina permette di non ostacolare il loro inserimento sociale. Al contrario, un'insorgenza dei disturbi in età scolare rischia di rendere più difficoltoso l'inserimento del bambino sia nel contesto scolastico che in altri contesti sociali. Gli studi condotti da Flakierska, Lindstrom e Gillberg (1988) ed ancor prima da Gittelman e Klein (1984), hanno messo in luce che bambini ed adolescenti con disturbi d'ansia sono poi soliti incontrare alcune problematiche nella vita adulta. Tra queste è tipica l'agorafobia, stati depressivi, così come un certo timore di fronte a situazioni che prevedono un cambiamento, sia esso di casa o di lavoro. Occorre anche attuare una differenza fondamentale tra disturbi da interiorizzazione ed altri da esteriorizzazione. Ai primi appartenngono ansia e depressione, mentre nei secondi rientrano iperattività e disturbi dell'attenzione. I disturbi da interiorizzazione scaturiscono dall'incapacità di valutare correttamente la realtà, facendo prevalere una tendenza a distorcela. I disturbi da esteriorizzazione, invece, sono causati o da deficit cognitivi o da una carenza di processi cognitivi funzionali. Quanto ai trattamenti più adeguati per curare i disturbi d'ansia nell'infanzia e nell'adolescenza, la terapia si basa essenzialmente sul riconoscimento delle distorsioni cognitive. I bambini affetti da questo tipo di disturbo, infatti, vengono assaliti da una serie di timori irrazionali, di pensieri negativi e in molti casi catastrofici. La sensazione che costantemente avvertono è quella di minaccia, credono di essere in continuo pericolo. Al contempo, i pensieri negativi non riguardano solo l'ambiente esterno ma coinvolgono anche se stessi, in quanto si ha una mancata o carente percezione delle proprie capacità. Petanto, la terapia si basa su delle tecniche di ristrutturazione cognitiva e deve mirare a mettere in atto una radicale ma comunque progressiva trasformazione delle modalità di pensiero distorte. Compito dello psicoterapeuta è di far avvicinare il pensiero del bambino alla realtà, sgretolando l'apparato di pensieri errati, irrazionali e negativi che si è costruito nel corso del tempo. Southam-Gerow e Kendall hanno di recente appurato la validità dell'analisi dei meccanismi di comprensione degli stati emotivi. In tal caso, il trattamento consiste proprio nel migliorare la capacità di controllare le proprie emozioni.
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