La depressione è uno stato psicopatologico caratterizzato da una alterazione dell'umore che determina una notevole sofferenza psichica e che si può presentare in forme più o meno gravi e con quadri sintomatologici più o meno completi. Può colpire in qualsiasi momento della vita, pur presentandosi con frequenza maggiore tra i 25 e i 44 anni e colpisce le donne due volte più degli uomini a causa del diverso vissuto culturale e affettivo e della differente reazione agli eventi negativi che, se nei soggetti femminili è maggiormente passiva e introvertita, in quelli maschili viene spesso agita tramite comportamenti disfunzionali come l'assunzione di alcool e droghe. E' spesso caratterizzata da un vero e proprio circolo vizioso, in cui il perdurare dei sintomi non fa che aggravare il quadro generale e 'confermare' al paziente il suo stato, inibendo qualsiasi reazione positiva. E' molto aumentata la vulnerabilità delle giovani generazioni al disturbo, sia in conseguenza del cambiamento delle strutture familiari e sociali, sia della precoce assunzione di sostanze psicoattive.
Tristezza o depressione clinica?
Lievi fluttuazioni dell'umore sono assolutamente normali. In particolari momenti della vita e in concomitanza di eventi traumatici e dolorosi come lutti, separazioni, divorzi, crisi economiche o finanziarie, sono del tutto normali anche sintomi depressivi di maggiore entità e non rappresentano una manifestazione del disturbo clinico se sono transitori e vengono superati in un arco di tempo che può variare dai 6 ai 12 mesi. Tali disturbi si presentano, in questi casi, interrotti da normalizzazioni dell'umore. Quando il quadro sintomatologico è importante, pervasivo e protratto nel tempo per oltre sei mesi, una diagnosi di depressione maggiore deve certamente essere ritenuta formulabile e in ogni caso il paziente necessita di un approfondimento diagnostico in tal senso.
Il quadro sintomatologico depressivo
Caratteristica comune della depressione è la sua pervasività, da intendersi in una duplice accezione. In primo luogo in senso temporale: il paziente è depresso quasi tutto il giorno, maggiormente il mattino, tutti i giorni e per lungo tempo; in secondo luogo il disturbo pervade l'intera personalità e i sintomi interessano tutte le sfere dell'essere, fisica, emotiva, cognitiva, comportamentale.
Il DSM, il Manuale Diagnostico Statistico, classifica il disturbo in:
- disturbo depressivo maggiore a episodio singolo;
- disturbo depressivo maggiore con episodi ricorrenti,
individuando in entrambi i casi diversi livelli di gravità: lieve, moderata, grave con manifestazioni psicotiche e grave senza manifestazioni psicotiche.
I sintomi fisici della depressione sono quelli più immediatamente evidenti assieme a quelli comportamentali: spossatezza, sensazione di stanchezza o fatica; agitazione motoria o rallentamento motorio, inespressività; inappetenza e calo ponderale o iperfagia e aumento di peso; insonnia o ipersonnia; calo del desiderio sessuale; nausea, sensazione di stordimento; trascuratezza generale del corpo e dell'aspetto; eccessiva sudorazione, palpitazioni, crampi, secchezza delle fauci.
I sintomi emotivi coincidono naturalmente con l'umore depresso, la sensazione di angoscia, la mancanza di speranza nel futuro e la disperazione; l'anedonia, l'incapacità di provare piacere verso qualsiasi cosa e la perdita di interesse verso ogni attività; la disistima, la sensazione di debolezza, di inutilità, di incapacità; la sensazione di vuoto e di assenza di senso in qualsiasi cosa e nella vita stessa.
I sintomi cognitivi sono sempre rilevanti. Il soggetto affetto dal disturbo manifesta modi di pensare e di leggere la realtà altamente disadattivi: sono sempre presenti pensieri disfunzionali come assolutizzazioni, generalizzazioni, esagerazioni. Sono i pensatori in termini assolutistici, nelle cui frasi lapidarie abbondano i 'mai', i 'sempre', i 'tutto' o 'niente', il 'dovere'; presentano aspettative del tutto fuori dalla realtà e standard assoluti di giudizio specie per quanto riguarda se stessi: 'non sbagliare mai, essere perfetti, essere sempre felici, non commettere errori', oppure sentirsi 'sbagliati, falliti, deboli, incapaci, immeritevoli' di qualsiasi cosa positiva.
I sintomi cognitivi includono anche disturbi della memoria e della concentrazione, sensi di colpa, colpevolizzazioni per gli errori commessi, pensieri negativi su se stessi e sul mondo in generale, predizioni negative ('non servirà a niente'), focalizzazione sui propri difetti e minimizzazione delle proprie capacità; certezza di essere non amabili, indegni di attenzione, stupidi, cattivi.
Il paziente depresso lamenta di essere incompreso e spesso è realmente difficile per chi gli sta intorno, - specie di fronte ad alcune manifestazioni depressive come totale incuria di sé e dell'ambiente domestico -, riuscire a comprendere certi atteggiamenti che appaiono del tutto assurdi.
I sintomi comportamentali comprendono un crescente isolamento sociale, una progressiva inattività, evitamento di incombenze quotidiane - bollette, riparazioni domestiche vengono procrastinate all'infinito, accrescendo di conseguenza l'ansia -, la difficoltà nel prendere decisioni, la riduzione dell'attività sessuale e, in ultimo, i tentativi di suicidio.
Quadri depressivi possono esse alternati a fasi maniacali nel disturbo bipolare dell'umore, oppure associati a disturbi di schizofrenia, dove sono invece presenti allucinazioni e delirî.
Per una diagnosi corretta è necessario escludere quadri clinici concomitanti di Parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla, o assunzione di dosi massicce di alcool, droghe o farmaci.
Sindromi depressive molto frequenti si verificano in conseguenza all'astinenza da alcool e cocaina. Un Episodio Depressivo Maggiore ha una durata di almeno due settimane in presenza di molteplici sintomi di elevata intensità che causano uno stato di profonda sofferenza.
Le cause della depressione
Le cause non sono note e le componenti vengono suddivise in biologiche, psicologiche e ambientali anche se la stretta sinergia in cui esse si manifestano rende difficoltosa e spesso artificiosa tale categorizzazione. Da un punto di vista biologico, l'insorgenza del disturbo si accompagna a una rilevante diminuzione di produzione di serotonina, dopamina e noradrenalina. Alcune ricerche hanno rilevato una componente genetica nell'elevata incidenza di casi di depressione dove un parente stretto ne sia già affetto o lo sia stato in passato: tale incidenza, infatti, triplica in questi casi.
Tra i fattori ambientali, gli studi rilevano una elevata vulnerabilità al disturbo quando nell'infanzia si siano vissuti episodi negativi o nel trovarsi a lungo in situazioni in cui non si ha alcun controllo sugli eventi o si è totalmente dipendenti da altre persone o da circostanze esterne. Nessuno di questi elementi, preso di per sé, può però dirsi sufficiente a scatenare l'insorgere della malattia per la quale risulta sempre determinante l'interpretazione personale della realtà.
Fattori di rischio sono certamente i casi di perdite importanti in conseguenza a un lutto, una separazione forzata (depressione reattiva); cambiamenti drastici subiti nelle condizioni economiche o finanziarie o trasferimenti in luoghi sconosciuti. L'evento scatenante spesso risulta essere un deterioramento improvviso del proprio benessere fisico, emotivo, economico quasi sempre identificabile con una 'perdita'. Alcune forme particolari si rilevano in conseguenza a condizioni specifiche: nella Depressione Post Partum, ad esempio, incidono gli importanti cambiamenti ormonali oltre a fattori ambientali ed emotivi, mentre nella Depressione Stagionale entrano in gioco sia fattori ambientali che fisiologici.
Conseguenze e decorso della depressione
Il disturbo manifesta una elevata tendenza alla cronicizzazione ed alla recidività. Coloro che soffrono di depressione possono facilmente vivere gli stessi sintomi più volte nella vita e, a differenza dell'esordio, le fasi depressive successive possono presentarsi slegate da cause contingenti. La depressione è un disturbo altamente invalidante, specie nelle forme gravi: l'individuo non riesce a lavorare, a studiare, a far fronte agli impegni quotidiani e alle responsabilità sociali, a mantenere relazioni affettive. Il rischio primo è quello di una sua cronicizzazione, di sviluppare disturbi da ansia, disturbi alimentari (anoressia, bulimia), dipendenze affettive, da alcool o da sostanze psicoattive. Nel 15% dei casi di depressione grave si ha una morte per suicidio.
Differenti tipi di trattamento
La diffusione del disturbo ha promosso l'individuazione di differenti tipi di trattamento.
Tra i trattamenti farmacologici un ruolo di primo piano è rappresentato dagli antidepressivi, il cui effetto comincia a manifestarsi nell'arco di 15 - 20 giorni dall'inizio dell'assunzione.
Tra gli antidepressivi di ultima generazione compaiono i cosiddetti inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), di serotonina e noradrenalina o di serotonina e dopamina che sono andati a sostituire quasi del tutto gli antidepressivi triciclici prescritti in precedenza.
Un'altra tipologia di antidepressivi è quella dei farmaci IMAO o inibitori delle monoamminossidasi che però possono risultare pericolosi a causa dei gravi effetti collaterali provocati dalla presenza nella dieta di alimenti specifici quali formaggio, fegato, fagioli, aringhe ecc., ai quali è necessario prestare molta attenzione.
Una percentuale compresa tra il 30 e il 40% dei pazienti non risponde alla terapia farmacologica, anche se questa risulta somministrata in un dosaggio adeguato. In questi casi è determinante poter contare su una alternativa valida ed efficace.
La terapia cognitivo-comportamentale
Secondo il modello che Beck sviluppò negli anni 60, la depressione si caratterizza su una triplice dimensione per come l'individuo vede se stesso, gli altri e il futuro, in quella che si defisce la cosiddetta 'triade cognitiva'. Tali dimensioni nella depressione risultano del tutto infuse di pensieri ed emozioni disadattive che inibiscono il piacere di svolgere qualsiasi attività e conducono a una fuga dalla realtà, dagli altri e in ultimo, da se stessi attraverso i tentativi di suicidio.
Queste concezioni disfunzionali, che si imperniano attorno a convinzioni di incapacità, fallimento, indegnità, sono i 'bersagli' della terapia cognitivo-comportamentale, che risulta particolarmente efficace perché:
- Agisce sui pensieri e sulle emozioni disfunzionali mettendo in luce le deduzioni assurde che determinano comportamenti disadattivi.
- E' concreta e aiuta praticamente il paziente a ristrutturare la propria sfera cognitiva fornendogli gli strumenti per farlo.
- E' attiva e collaborativa, muovendo il soggetto dalla sua apatia e impegnandolo in un contratto in cui i compiti del terapeuta e del paziente sono ben definiti.
L'efficacia di questa terapia si proietta nel lungo periodo ed in effetti va ad incidere sul "cuore del problema" determinando una ristrutturazione cognitivo-comportamentale e un aumento della capacità personale di determinare gli eventi e di rispondere in maniera positiva ad essi. Anche il successo precoce della terapia, che comincia ad essere visibile già dopo 15-18 sedute, e il necessario coinvolgimento attivo e personale, aiutano il paziente a sviluppare una nuova fiducia in sé che spezza il circolo vizioso che consente il perdurare del disturbo e la sua definitiva cronicizzazione.
Talvolta la terapia cognitiva prevede un concorso farmacologico, al fine di contenere i sintomi più debilitanti.
Prevenire le ricadute depressive: la terapia 'Mindfulness'
Potremmo definirla 'l'arte di essere presenti a se stessi' o la 'tecnica della consapevolezza' e trova uno dei suoi campi applicativi d'elezione esplicando tutta la sua efficacia proprio nella prevenzione delle recidive della depressione.
La terapia, che prevede dei momenti di condivisione di gruppo, aiuta i pazienti ad evitare il pre-giudizio e a sviluppare l'analisi e l'accettazione della realtà; insegna a restare ancorati al presente senza dare spazio ai pensieri di fuga dalle situazioni e ai comportamenti di evitamento, così frequenti in presenza del disturbo depressivo. La tecnica spinge a 'prestare attenzione a se stessi', nel 'qui ed ora' che è proprio quello che il paziente depresso rifugge, determinando da solo l'impossibilità di guarire. Né il passato, in cui soffoca, né il futuro, al cospetto del quale si paralizza, sono infatti alla portata della sua azione. Il momento presente è l'unico tempo dell'essere in cui egli, come chiunque, ha l'effettiva capacità di decidere e di cambiare il corso degli eventi: qui, adesso.
Per quanti abbiano intenzione o necessità di ottenere maggiori informazioni è opportuno e possibile rivolgersi allo studio utilizzando i canali di contatto indicati.