Studio di Psicologia Clinica e Giuridica

Disturbi del comportamento alimentare come riconoscerli e come trattarli. Dott. ssa Margherita Ciciarelli

2013-07-23 16:47

Admin

Disturbi del comportamento alimentare come riconoscerli e come trattarli. Dott. ssa Margherita Ciciarelli

 

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Buone notizie per coloro che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, disagio ormai sempre più frequente e, non di rado, di difficile individuazione e presa di coscienza da parte di chi ne soffre.
Il trattamento cognitivo comportamentale si è infatti dimostrato un buon metodo di intervento nei confronti di queste patologie sulle quali opera sia attraverso la loro interpretazione, sia suggerendo possibili alternative all'immagine che il paziente ha di se stesso e della propria storia sia, infine, agendo direttamente sul sintomo e sul suo continuo autogenerarsi.
Importante, dunque, è che il soggetto sofferente si rivolga prontamente al medico per farsi aiutare nel percorso di guarigione. Tuttavia dato che, come si è detto, raramente l'individuo colpito ha coscienza della propria situazione, è bene fornire alcune spiegazioni riguardo a queste vere e proprie patologie psichiatriche, in modo che possa farsene carico.
Tutto ha inizio da una percezione alterata del proprio corpo e del proprio peso, associata a un'autostima decisamente scarsa e a un conseguente disordine della nutrizione che può nascondersi dietro a un'ampia gamma di sintomi.
Anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata e disturbi dell'alimentazione non altrimenti specificati rientrano tutti, a volte con manifestazioni fra loro opposte, nella sfera delle patologie del comportamento alimentare e sono fra loro caratterizzate da un mix di fattori scatenanti di tipo biologico, psicologico e socioculturale affiancato da situazioni di stress e di difficoltà croniche.
La patologia tristemente più famosa a causa dell'alto numero di vittime che miete ogni anno è sicuramente l'anoressia nervosa.
Il soggetto colpito, ossessionato dall'idea di poter aumentare di un solo grammo di peso, lo controlla ossessivamente negandosi un peso corporeo accettabile. Il peso, in questo caso, è fortemente legato all'autostima e, tanto più sale l'ago della bilancia tanto più diminuisce il concetto che il soggetto ha di se stesso.
Per evitare questa sofferenza ecco allora che il paziente mette in atto una serie di tecniche che gli permettono di scongiurare ogni possibile aumento di peso, per esempio si procura il vomito, abusa di diuretici e lassativi, esagera ossessivamente nell'esercizio fisico e, in modo assolutamente insensato, più diminuisce di peso più teme di ingrassare dando il via a una patologia che si autogenera.
Disturbi della sfera sessuale, disturbi ossessivo compulsivi e depressione sono spesso ulteriori brutte compagnie di questa patologia alimentare.
Con il sostegno della psicoterapia comportamentale si attua una riabilitazione della nutrizione programmando un piano settimanale di alimentazione che si stacca dall'approccio dietetico e che consente recupero di peso e risoluzione dell'amenorrea.
Tramite un programma psicoeducativo si forniscono informazioni sulla malattia e strategie per affrontarla e si indagano pensieri e idee sulle quali si fonda il disturbo alimentare e le patologie che ne possono derivare.
L'altro volto dell'anoressia, al quale a volte è alternata, è la bulimia.
Chi ne è colpito non può evitare di abbuffarsi di cibo entro termini temporali molto brevi, può addirittura capitare che vengano consumati interi pacchetti di merendine immediatamente dopo un pasto abbondante e, normalmente, tra un ingestione di cibo e l'altra, trascorrono anche meno di due ore. A questa prima fase il paziente ne fa seguire una seconda di tipo compensatorio durante la quale, per ovviare all'eccessiva ingestione di cibo, si procura il vomito, abusa di sostanze diuretiche e lassative o esagera nell'esercizio fisico.
L'alternarsi fra le abbuffate e la loro compensazione ha solitamente frequenza bisettimanale e si protrae per almeno tre mesi.
Le quantità di cibo vengono consumate indipendentemente dalla sensazione di fame, l'assunzione degli alimenti, esagerata, rapida e scomposta, viene riconosciute dal soggetto come perdita di controllo delle proprie azioni e vissuta con disagio e senso di vergogna che, spesso, si manifesta con la tendenza all'isolamento.
Anche nel caso della bulimia la preoccupazione per l'aspetto fisico e per le dimensioni corporee è esagerata e ossessiva oltre ad essere sempre legata all'autostima. Sono presenti abuso di sostanze alcoliche o psicostimolanti, assunte in un primo tempo come metodo di controllo dell'appetito, oltre a manifestazioni depressive e a disturbi d'ansia.
Le condotte di eliminazione che accompagnano questa patologia del comportamento alimentare conducono a una perdita dello smalto dentale, a complicazioni del metabolismo causate dalla ripetizione del vomito e a un ingrossamento delle ghiandole salivari.
Spesso la bulimia non viene riconosciuta come tale perché, il più delle volte, si manifesta solo con sovrappeso e non con obesità. Attenzione quindi a non farvi trarre in inganno dalle dimensioni fisiche e a ricorrere prontamente a una terapia cognitivo comportamentale qualora
fossero presenti i sintomi citati.
Per quanto riguarda la BED (binge-eating disorder), obesità da alimentazione incontrollata, viene diagnosticata in caso di abbuffate ricorrenti anche nell'arco della giornata con alimentazione scomposta e fuori controllo sia ai pasti che fuori.
Stress, apatia, solitudine, sensazione di vuoto accompagnano solitamente anche chi è affetto da BED. Il soggetto colpito da questa patologia tenta periodicamente, e sempre in modo fallimentare, di intraprendere diete e di limitare l'apporto di calorie introdotte.
Rispetto alle due precedenti malattie il paziente raramente ricorre al vomito indotto o all'abuso di diuretici e lassativi, ed è disposto ad accettare anche un peso leggermente superiore alla media perché non è da questo dato che fa dipendere la propria autostima. Però manifesta disturbi dell'umore e della personalità, ansia, disprezzo per il proprio corpo.
Un soggetto obeso o in sovrappeso che tuttavia non soffre di disturbo da alimentazione incontrollata è ben riconoscibile, dal momento che non si nutre in modo caotico e dimostra
minore sofferenza psichica.
Nel caso dei disturbi alimentari la mancata percezione da parte del soggetto del problema psichiatrico di cui soffre lo porta a ritardare il momento della cura, rischiando di destinarlo a una cronicizzazione della patologia.
Comparando l'efficacia della terapia cognitivo comportamentale rispetto a quella ottenuta con l'uso di psicofarmaci si è visto come la prima porti a risultati più duraturi nel tempo mentre alla terapia psicofarmacologica viene destinato il ruolo di coadiuvante nella cura.
Al momento, per quanto riguarda la terapia della bulimia nervosa da alimentazione incontrollata, il trattamento cognitivo comportamentale ritenuto più idoneo è quello che si attiene alle modalità di intervento proposte da Fairburn: si agisce sull'alimentazione, portando il paziente ad assumere un corretto stile alimentare, si propongono vari interventi di genere psicoeducativo e si mette in atto la tecnica comportamentale sostenuta dalla ristrutturazione di tipo cognitivo.
In pratica il paziente viene indotto a modificare una serie di convinzioni dovute a errori percettivi fondati su un suo maladattamento e gli vengono insegnate particolari tecniche per metterlo in grado di automonitorarsi e di affrontare i problemi.
Se si è vittime di questo tipo di patologie è bene sapere che la terapia cognitivo comportamentale è in grado di agire sulla sintomatologia interrompendo il suo auto perpetuarsi e di portare il paziente alla costruzione di una diversa rappresentazione di se stesso andando a intaccare l'ossessione per il cibo che, secondo Fairburn, è legata al senso di inadeguatezza.
Un attenzione estrema verso il proprio fisico induce il soggetto ad affrontare una continua altalena fra diete e abbuffate che, innescando un circolo vizioso, induce il ripetersi del disturbo.
Purtroppo le patologie del comportamento alimentare possono essere dei veri e propri killer e portare al suicidio o all'arresto cardiaco, tanto che l'American Psychiatric Association le colloca al primo posto fra la popolazione occidentale come causa di decesso dovuto a problemi mentali.
Non si raccomanda mai abbastanza, quindi, a chi è colpito da queste malattie, di superare la vergogna e l'imbarazzo e di rivolgersi a uno specialista che sarà sicuramente in grado di fornire aiuto e di scongiurare la cronicizzazione o, peggio, un esito ancora più tragico
della patologia. Inoltre, dato che ci si trova di fronte a soggetti ad alto rischio di abbandono della terapia (Drop out), specie se il disturbo alimentare è affiancato da un disturbo borderline della personalità, è indispensabile ricorrere a tecniche terapeutiche la cui efficacia è gia stata altamente verificata.
Per quanti abbiano intenzione o necessità di ottenere maggiori informazioni è opportuno e possibile rivolgersi allo studio utilizzando i canali di contatto indicati.







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